Il pacemaker salva la vita anche a più di 90 anni

L'esperienza della Cardiologia di Trieste


Oltre 70 pazienti dai 90 anni in su sono stati sottoposti ad impianto o sostituzione di pacemaker nel 2022 al Dipartimento Cardiotoracovascolare ASUGI e Università di Trieste, diretto da Gianfranco Sinagra. Di questi, 33 avevano più di 95 anni.
    Uno studio recente accettato per la pubblicazione su Journal of Cardiovascular Medicine a cura del team di elettrofisiologia di Cattinara coordinato da Massimo Zecchin e relativo ai pazienti trattati nel biennio 2019-2020, ha dimostrato che il 12 per cento della casistica trattata con primo impianto di pacemaker era costituito da soggetti di età maggiore di 90 anni (età media 92±2 anni, 54% femmine). Il 38 per cento di questi (26) avevano una storia di fibrillazione atriale. Una malattia associata extracardiaca era presente in 23 pazienti (33%). Le comorbilità oncologiche, pneumologiche, nefrologiche e neurologiche erano presenti rispettivamente nel 18, 28, 36 e 46% dei casi. A un follow-up mediano di 17 mesi sono sopravvissuti il 67 per cento dei pazienti. Nel periodo d'osservazione va considerato anche l'apporto della pandemia SARS CoV2. Alla cosiddetta analisi multivariata la presenza di patologie associate oncologiche e neurologiche contribuiva significativamente alla mortalità a un anno, mentre la disfunzione renale, la terapia anticoagulante e la presenza di cardiopatia ischemica contribuivano alla mortalità a 6 mesi.
    Lo studio supporta l'approccio mediante pacemaker ai problemi aritmici in età avanzata e dimostra il contributo del progresso tecnologico al miglioramento della quantità e qualità di vita anche nei soggetti grandi anziani sottoposti ad attenta valutazione clinica.
   

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