Individuate varianti del gene C7 che espongono a gravi infezioni

Studio pubblicato su Frontiers in Immunology


Uno studio su una particolare proteina del sistema immunitario chiamata C7 che, se difettosa, riduce le difese dell'organismo contro infezioni ricorrenti batteriche gravi, è stato condotto da ricercatori dell'Università di Trieste, dell'Irccs Burlo Garofolo di Trieste e dell'Università La Sapienza di Roma e pubblicato sulla rivista internazionale Frontiers in Immunology.
    Lo studio ha individuato due varianti patogeniche del gene C7, una delle quali mai descritta prima, che creano un deficit della funzionalità del sistema del complemento - un componente essenziale delle nostre difese immunitarie innate - esponendo le persone colpite a una elevata possibilità di contrarre infezioni batteriche gravi.
    "I difetti a carico del sistema del complemento sono condizioni rare e poco note - ricorda una nota dell'Irccs Burlo Garofolo - anche in campo medico ma, essendo associate a un rischio aumentato di infezioni gravi e importanti disordini immunitari, hanno un forte impatto sociale. In particolare, persone con deficit alle proteine del complemento hanno un rischio notevolmente aumentato di contrarre meningiti, polmoniti e otiti ricorrenti. Identificare prontamente questi deficit consente di attuare tutta una serie di misure sanitarie volte a minimizzare la probabilità di ulteriori infezioni, come le vaccinazioni e il trattamento antibiotico preventivo".
    Il lavoro è partito dalla valutazione del caso clinico di un paziente di 10 anni ricoverato al policlinico universitario Umberto I di Roma a causa di una meningite da meningococco e con un quadro suggestivo di una ridotta attività del sistema del complemento. Le analisi effettuate sui campioni del paziente hanno confermato un deficit totale della funzionalità del sistema del complemento: successive analisi hanno permesso di individuare l'assenza del componente C7. Infine, il sequenziamento del Dna estratto dal sangue del paziente e dei suoi genitori ha consentito di identificare due varianti patogenetiche nel gene del C7, una delle quali non era mai stata descritta prima.
   

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