Ardone, i manicomi sono dei matti, ma anche il resto del mondo

La scrittrice ha presentato il suo libro a Pordenonelegge


"Nell'ingiustizia dei manicomi c'era un'altra ingiustizia, un gradino più basso su cui sedevano le donne": lo ha sottolineato Viola Ardone, a Pordenonelegge per presentare il suo ultimo romanzo "Grande meraviglia" (Einaudi).
    "Molte donne venivano rinchiuse perché chi ne aveva la tutela giuridica, come il padre o il marito, non le riteneva adatte a vivere in società o voleva liberarsi di loro".
    "Quando la protagonista del mio libro esce dal manicomio in cui è cresciuta e che chiama 'Mezzomondo', scopre che l'altra metà del mondo non è poi tanto diversa. In manicomio ogni matto aveva il proprio cartellino e la propria patologia, fuori invece sono tutti matti ma lo tengono dentro di sé" prosegue.
    Ardone racconta che il romanzo è stata l'occasione per riflettere su come si possa uscire da un luogo simile non solo fisicamente ma anche mentalmente: "Elsa si trova davanti alla libertà ma non sa come gestirla. Dopo l'entrata in vigore della legge Basaglia, nella trasformazione di questi luoghi è totalmente mancato un raccordo tra prima e dopo: ci sono voluti vent'anni per chiudere tutti i manicomi". "Ho studiato molte cartelle cliniche di persone recluse e archivi di manicomi: ci ho trovato tante storie che si somigliano un po' tutte ma che poi sono tutte diverse. Questa non è una storia vera, ma è una storia possibile" spiega l'autrice.
    "Nell'ambito di 'Adotta uno scrittore' sono stata adottata dalla scolaresca del reparto disturbi psichiatrici dell' ospedale Regina Margherita di Torino. La relazione nata e proseguita con questi ragazzi mi ha fatto capire che se fossero vissuti in un'altra epoca sarebbero stati spacciati, sarebbero stati considerati di serie B, inadeguati a vivere nella società.
    Oggi, invece, hanno la possibilità di risolvere le proprie problematiche per tornare nella normalità".
   

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