Aneurisma dell'aorta, più pazienti curabili con le tecniche mini-invasive

Giudice (Ospedale San Giovanni): "E' fatale senza l'intervento"


Cova per anni senza dare sintomi e quando dà segni della sua presenza, la situazione è già gravissima. L'aneurisma dell'aorta addominale è tra le patologie cardiovascolari più insidiose. Colpisce ogni anno circa 25 mila nuove persone in Italia, prevalentemente maschi sopra i 60 anni, e se non identificato tempestivamente può essere fatale.
    "La definizione di aneurisma è quella di una dilatazione abnorme di un tratto localizzato di un vaso sanguigno. Il più frequente è quello dell'aorta addominale nel tratto sottorenale", spiega Rocco Giudice, Direttore dell'UOC di Chirurgia Vascolare dell'Azienda Ospedaliera San Giovanni-Addolorata di Roma, dove nei giorni scorsi si è svolto un convegno a cui hanno partecipato tutti i centri di chirurgia vascolare della Regione Lazio. L'evento ha riguardato le nuove tecniche chirurgiche mini-invasive e la loro applicazione nei casi particolarmente complessi di aneurisma dell'aorta addominale.
    La chirurgia è infatti l'unico trattamento possibile dell'aneurisma. "Fino ad alcuni anni fa la sola opzione era l'approccio chirurgico classico che prevede l'apertura dell'addome e la sostituzione dell'aorta dilatata con una protesi sintetica", aggiunge Giudice. "Per quanto si tratti di un intervento ormai standardizzato, può essere piuttosto gravoso per il paziente".
    A questa operazione si è affiancato negli ultimi anni un approccio mini-invasivo, il cosiddetto trattamento endovascolare: "Attraverso due piccoli fori sulle arterie femorali all'altezza degli inguini, si percorrono i vasi sanguigni per posizionare un'endoprotesi all'interno dell'arteria malata. L'intervento viene fatto in anestesia locale, le perdite di sangue sono minime e anche la degenza post-operatoria è più snella: il paziente torna a casa in 48 ore e in una settimana in genere può riprendere le sue consuete attività". Più bassi anche i rischi legati all'intervento, con la mortalità passata dal 3-5% dell'operazione tradizionale allo 0,5-1%. "Oggi grazie a queste nuove tecniche, ai progressi dei materiali e alle maggiori competenze degli operatori possiamo trattare pazienti anziani e fragili che non sono idonei alla chirurgia tradizionale per la sua invasività", continua Giudice.
    Fondamentale, però, è identificare l'aneurisma dell'aorta prima che vada incontro a rottura. "In questi casi la mortalità è elevatissima. Una semplice ecografia dell'addome a partire dai 60 anni, invece, può consentire di riconoscere precocemente l'aneurisma e di indirizzare, quindi, il paziente al trattamento più appropriato", conclude il chirurgo. 
   

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