Tumore dell'ovaio, un test scova la malattia con anni di anticipo

Studio, la diagnosi precoce possibile con l'analisi sul Pap test


L'utilizzo di tecniche di analisi genomica permette di identificare alterazioni molecolari specifiche del tumore dell'ovaio con anni di anticipo rispetto alle prime manifestazioni della malattia. Queste tracce possono essere riscontrate anche nei tamponi usati per il Pap test, il comune esame di screening dei tumori del collo dell'utero. È questo il risultato di uno studio condotto da ricercatori di Humanitas di Milano e pubblicato su Science Translational Medicine, che per la prima volta apre alla possibilità di diagnosi precoce per il tumore dell'ovaio.

"La sopravvivenza al tumore dell'ovaio dipende fortemente dal momento in cui la malattia viene scoperta: cambiare la nostra capacità di fare diagnosi precoce significa cambiare le possibilità di cura", spiegano in una nota Maurizio D'Incalci, professore di Farmacologia in Humanitas University e responsabile del laboratorio di Farmacologia Antitumorale all'Irccs Istituto Clinico Humanitas, e Sergio Marchini, responsabile dell'Unità di Genomica traslazionale dello stesso istituto. "È quello che crediamo sia possibile fare utilizzando i tamponi dei Pap test e applicando tecniche di analisi genomica in grado di identificare un'importante firma molecolare di questo tumore: la sua instabilità genomica", aggiungono.

La ricerca è stata condotta analizzando i tamponi di Pap test di 113 donne che successivamente avrebbero sviluppato il tumore dell'ovaio. Il team ha scoperto che l'instabilità genomica era rilevabile molti anni prima - fino a nove - della diagnosi di tumore. "Oggi sappiamo che già nelle prime fasi del processo di trasformazione tumorale, il Dna delle future cellule neoplastiche è caratterizzato da profonde anomalie nella sua struttura e organizzazione. L'instabilità genomica è quindi una caratteristica primitiva e non condivisa con le cellule sane, e quindi un'ottima base di partenza per sviluppare un test di diagnosi precoce", dice Marchini. Ora servono studi più ampi per confermare questi risultati. 
   

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