La perduta arte della convalescenza, fermarsi è parte della cura

L'internista, "rivedere il concetto in un'ottica di riabilitazione"


Guarire è un processo tutt'altro che passivo. Ma affrontare il periodo della convalescenza, per il necessario recupero della forma fisica e mentale, è oggi un valore di cui non siamo spesso pienamente consapevoli. "C'è una visione distorta della convalescenza, spesso identificata come riposo assoluto - spiega Raffaele Antonelli Incalzi, ordinario di medicina interna, membro del comitato scientifico, Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma -. Oggi il concetto è stato rivisto in ottica di riabilitazione, prima come periodo di recupero di energie vitali poi come ripristino delle attività ordinarie. Ma spesso, non si percepisce il valore del riposo come parte integrante della terapia". Se oggi a ridurre i tempi di degenza ospedaliera e quindi i tempi di recupero, ha contribuito anche la chirurgia mini-invasiva e di precisione, ogni caso, tuttavia, rimane unico. Dopo un intervento chirurgico, una malattia o un trauma fisico si è comunque più fragili e riprendere subito a eseguire ciò che si faceva prima per ritornare presto alla vita sociale può portare a ricadute.
    "E' un processo graduale e per molti la convalescenza è una necessità - prosegue Antonelli Incalzi - Per esempio, dopo una polmonite, influenza o herpes zoster c'è un forte aumento del rischio cardiovascolare, specie nei primi giorni dopo la ripresa, e sarebbe opportuno considerare 4-5 giorni di riposo.
    Chi invece ha avuto uno scompenso cardiaco e insufficienza respiratoria dovrebbe cominciare un vero e proprio recupero programmato, riprendendo l'attività fisica per gradini crescenti di attività e includere esercizi degli arti superiori e inferiori, oltre alla respirazione". Più in generale, le indicazioni sono quelle di non eccedere ed evitare di affaticarsi. "E' importante anche focalizzarsi sul recupero dell'attività mentale perché ha un effetto motivazionale e previene il tratto depressivo - prosegue Antonelli Incalzi-.  Rispetto a 30-40 anni fa, l'eta media dei pazienti dimessi oggi è aumentata. Anche se alcuni non hanno fretta di tornare al lavoro, è sempre utile rispettare i propri tempi, evitare stress, ma soprattutto non lasciarsi andare e cominciare progressivamente a svolgere qualche attività anche per evitare perdita di massa muscolare".
   

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