Più forti e longevi, la biologia molecolare e il sogno di rendere l'uomo una macchina perfetta

"Più in alto degli Dei", in un libro i rischi e i successi della genetica


  L'essere umano non è una macchina biologica perfetta. La genetica molecolare, tuttavia, potrebbe essere utilizzata già oggi per potenziare la nostra essenza e renderci più forti, più resistenti ai tumori, più longevi, dotarci di una memoria superiore. In pratica, "per trasformarci in superumani". Parte da questo assunto il saggio "Più in alto degli dei" (Oscar Mondadori Accademia) di Marco Crescenzi, dirigente di ricerca presso l'Istituto Superiore di Sanità e docente di Metodologia della ricerca scientifica presso l'università Tor Vergata. Per l'autore, "con Homo sapiens la natura è ben lontana dall'aver creato una macchina perfetta: ne ha solo prodotta una adeguata alle esigenze di sopravvivenza e propagazione. In linea di principio, possiamo essere migliorati". Raccontando i successi della biologia molecolare e i rischi che li accompagnano, gli esperimenti che hanno creato animali "potenziati", più forti e capaci di vivere bene e più a lungo, Crescenzi invita a ragionare sul futuro dell'umanità. Se oggi possiamo modificare il DNA e sintetizzarlo chimicamente con la sequenza che desideriamo, la rivoluzione della biologia molecolare "ci ha dato la possibilità di attuare una speciale forma di terapia, detta genica. Questa è nata come risposta alle malattie genetiche, come per esempio le distrofie muscolari - spiega- cioè quelle causate da difetti ereditari del DNA. Ha l'obiettivo di sostituire o riparare il gene che causa la patologia, la quale altrimenti è spesso incurabile". Ma la terapia genica è però soggetta a una restrizione: "non deve modificare il DNA della linea germinale (che ha lo scopo di perpetuare la specie) per evitare che eventuali errori connessi, siano trasmessi alle generazioni future". Si tratta dunque di una visione di progresso che comporta problemi etici. Le tecniche di manipolazione genetica in sostanza non sono infallibili. Eppure, fa notare l'autore, il dibattito scientifico e pubblico si è spostato da una posizione di divieto al "quando", "perché" e "fino a che punto". Crescenzi lascia al lettore tirare le somme, invitando ad una riflessione. "Se decideremo di intraprendere questo cammino, forse un giorno Icaro non avrà bisogno della cera, per mettere le ali". 
   

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