(di Alessandro Repossi)
Per la prima volta in Italia e in
Europa, al di fuori di sperimentazioni cliniche, è stata
utilizzata la terapia genica avanzata "Casgevy". La procedura è
stata adottata con successo al Policlinico San Matteo di Pavia
per curare due ragazze italiane, entrambe ventenni, affette da
β-talassemia major e anemia falciforme grave.
Il trattamento innovativo rappresenta una svolta nella cura
delle emoglobinopatie, malattie genetiche gravi e invalidanti.
Tra queste, la β-talassemia e l'anemia falciforme sono
emoglobinopatie ereditarie, causate da mutazioni del gene della
β-globina. Lo scorso 13 maggio la paziente con β-talassemia è
stata la prima in Europa a ricevere l'infusione di "Casgevy": la
ragazza sta bene, anche se è ancora ricoverata in attesa di
poter essere dimessa nelle prossime settimane.
Il 22 maggio la paziente con anemia falciforme è stata la
prima in Italia a ricevere l'infusione di "Casgevy": dopo un
ricovero di oltre un mese nella sezione Trapianto di midollo
osseo dell'Oncoematologia pediatrica, la ragazza è stata dimessa
il 3 giugno ed ora prosegue i controlli in ambulatorio.
"Questi trattamenti - sottolinea una nota del San Matteo -
rappresentano un'importante pietra miliare nella gestione delle
emoglobinopatie, aprendo nuove prospettive terapeutiche e
offrendo nuove speranze a pazienti con opzioni limitate".
La terapia agisce attraverso un approccio innovativo di
"editing genetico ex vivo" delle cellule staminali
ematopoietiche autologhe, per riattivare la produzione di
emoglobina fetale e compensare il difetto genetico. Il processo
terapeutico prevede la raccolta delle cellule staminali del
paziente tramite aferesi.
"La raccolta delle cellule staminali emopoietiche è stata
particolarmente sfidante e complessa, soprattutto per la
paziente con anemia falciforme, perché sono state necessarie
diverse procedure per raggiungere il numero di cellule staminali
autologhe necessario", osserva Cesare Perotti, direttore del
Servizio Immunotrasfusionale del San Matteo.
"I dati clinici disponibili mostrano remissioni prolungate e
un potenziale effetto curativo in oltre il 90% dei pazienti
trattati nelle sperimentazioni cliniche, segnando una svolta
nella gestione delle emoglobinopatie", commenta Marco Zecca,
direttore dell'Oncoematologia Pediatrica del San Matteo.
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