Bronchiolite, una sola dose di un
anticorpo (nirsevimab, sviluppato per prevenire le infezioni da
virus respiratorio sinciziale) dimezza i ricoveri di bambini
sotto i sei mesi, quelli più a rischio: lo rivela uno studio
europeo che ha visto coinvolta l'Università Cattolica,
pubblicato sulla rivista Lancet Regional Health - Europe. Il
farmaco è stato approvato a livello europeo per proteggere i
bambini nella loro prima stagione di esposizione al virus.
Lo studio, il primo ad analizzare una casistica 'real world',
ha visto coinvolte la Universitat Politècnica de Catalunya
(UPC), Catalonia, Children's Emergency Department, Leicester
Royal Infirmary e Università di Edimburgo.
Il lavoro è stato coordinato da Danilo Buonsenso della
Cattolica e Gemelli IRCCS, che spiega: "per la prima volta, uno
studio real-world ha analizzato l'impatto concreto del
nirsevimab confrontando Paesi con politiche sanitarie
differenti: la Catalogna (Spagna), dove il farmaco è stato
introdotto nella stagione 2023-24, e alcune aree del Regno Unito
e di Roma, dove invece non era ancora adottato".
La bronchiolite è un'infezione virale acuta che può causare
insufficienza respiratoria. L'agente infettivo più coinvolto, in
3 casi su 4 circa, è il virus respiratorio sinciziale (VRS). I
dati, raccolti da 68 ospedali catalani e 5 ospedali nel Regno
Unito e in Italia, mostrano che nei bambini sotto i 6 mesi in
Catalogna, i ricoveri per bronchiolite si sono quasi dimezzati
rispetto alle stagioni precedenti. Anche gli accessi in pronto
soccorso per la stessa fascia d'età si sono ridotti
sensibilmente. Al contrario, nessuna riduzione significativa è
stata registrata negli altri centri europei dove il nirsevimab
non era stato somministrato. L'effetto del farmaco è stato meno
evidente nei bambini più grandi (tra 6 e 23 mesi), suggerendo
che l'efficacia maggiore si concentra nei primi mesi di vita. Lo
studio rappresenta un passo importante per valutare l'efficacia
reale di nuove strategie preventive contro l'RSV, mettendo a
confronto per la prima volta paesi con approcci diversi alla sua
implementazione. Serviranno studi più ampi e coordinati a
livello internazionale, anche per valutare la sostenibilità
economica dell'introduzione del nirsevimab su larga scala,
conclude Buonsenso.
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