Uno studio genetico internazionale,
pubblicato sulla rivista Nature Genetics, ha identificato nuove
varianti associate al rischio di sviluppare il "long Covid",
condizione debilitante che colpisce milioni di persone nel mondo
anche mesi dopo la guarigione dall'infezione, caratterizzata da
sintomi come stanchezza cronica, difficoltà cognitive e
respiratorie e dolore muscolare. Lo studio è frutto di una
collaborazione scientifica che ha coinvolto 24 istituti di
ricerca e ospedali internazionali, in 16 nazioni in tutto il
mondo. Il progetto è stato guidato dall'Institute for Molecular
Medicine Finland di Helsinki e dal Karolinska Institutet
(Stoccolma, Svezia). L'Italia ha contribuito con studiosi
dell'Università degli Studi di Milano, dell'Università di Siena,
e dell'Istituto di tecnologie biomediche del Cnr, grazie alla
partecipazione degli studi Fondazione Covid-19 Genomic e
Gen-Covid.
Lo studio che ha analizzato i dati genetici di 6.450 pazienti
con "long Covid" e oltre un milione di individui senza questa
sintomatologia, ha individuato un locus genetico, ovvero uno
specifico punto nel genoma, sul cromosoma 6, in prossimità del
gene FOXP4, già noto in letteratura per il suo ruolo nelle
infezioni respiratorie e nella risposta immunitaria. Questo
risultato è stato validato su altri 9.500 pazienti e oltre
700.000 controlli. Questo locus risulta essere positivamente
associato alla predisposizione a sviluppare sintomi
caratteristici del "long Covid", con un rischio di sviluppare
tale patologia aumentato di quasi il 60% nei soggetti che hanno
nel proprio Dna la variante genetica identificata nello studio.
Il long Covid rappresenta una sfida crescente per i sistemi
sanitari. Secondo l'Oms, circa il 10-20% delle persone infette
da Covid-19 sviluppa sintomi a lungo termine. Finora le cause
alla base della condizione erano in gran parte sconosciute;
questa ricerca fornisce un primo significativo passo avanti
verso la comprensione e il trattamento del fenomeno.
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