Con meno del 30% del campione, le
donne nelle sperimentazioni cliniche sulle malattie
cardiovascolari a livello globale sono sottorappresentate
rispetto agli uomini. È quanto emerge da uno studio pubblicato
sulla rivista Heart, che ha esaminato oltre 170 studi. Una
scarsità di partecipanti femminili che è peggiorata negli anni,
passando dal 40% tra il 2010 e il 2017, a meno del 30% di oggi.
L'insufficienza di dati ha un grave impatto sulla cura delle
malattie cardiovascolari femminili, che rappresentano la prima
causa di morte tra le donne.
L'allarme arriva dalla fondazione 'Il cuore siamo noi' della
Società italiana di cardiologia (Sic) che ha promosso, oggi in
Senato, un convegno dedicato alle differenze di genere nel
rischio cardiovascolare. "I numeri parlano chiaro. Secondo i
dati della Società europea di cardiologia, non solo le malattie
cardiovascolari rappresentano oggi la principale causa di morte
tra le donne, ma il tasso di mortalità è decisamente più alto,
con il 51% dei decessi nel genere femminile, contro il 42% nel
genere maschile", afferma Pasquale Perrone Filardi, presidente
della Società italiana di cardiologia. Molteplici fattori
contribuiscono alla scarsa partecipazione femminile nei trial:
mancanza di criteri di arruolamento specifici, legati anche alla
minore presenza di donne alla guida degli studi clinici; timori
di potenziali effetti negativi dei farmaci su gravidanza e
menopausa; barriere socioeconomiche e culturali; percezione che
le donne siano meno a rischio di malattie cardiache.
Da qui l'auspicio degli esperti per una maggiore attenzione alle
differenze di genere. "Serve una maggiore consapevolezza
sull'unicità biologica e ormonale della donna e l'impegno nella
costruzione di un'attività di ricerca e di una medicina sempre
più attentan alle specificità del genere femminile", dichiara
Roberta Montisci, professoressa associata di cardiologia
dell'Università di Cagliari.
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