In Italia ogni anno tra 500 e 700mila
pazienti contraggono un'infezione durante il ricovero (pari al
5-8% del totale), con pesanti conseguenze in termini di
complicanze (tra cui la sepsi), aumento della mortalità, degenze
più lunghe e costi socio-sanitari crescenti. Per far fronte a
questo problema, dal 31 agosto negli ospedali italiani possono
essere utilizzate esclusivamente specialità medicinali per la
disinfezione (antisepsi) della cute integra prima di una
procedura sanitaria, uno dei pilastri della prevenzione delle
infezioni correlate all'assistenza (Ica). Una novità introdotta
dal Decreto direttoriale del Ministero della Salute del 29 marzo
2023 che, in attuazione del Regolamento europeo sui biocidi
(n.528/2012), ha disposto la revoca delle autorizzazioni ai
presidi medico-chirurgici, con l'obiettivo di rafforzare la
sicurezza dei pazienti.
"Il decreto segna un passo avanti per la sicurezza dei pazienti,
perché introduce tracciabilità e controlli più rigorosi sui
prodotti per l'antisepsi. La sfida ora è garantire una
transizione sostenibile per il sistema sanitario", commenta
Massimo Sartelli, presidente della Società italiana
multidisciplinare per la prevenzione delle infezioni nelle
organizzazioni sanitarie (Simpios).
La sepsi è una delle complicanze più gravi delle infezioni
contratte in ospedale con circa 50mila casi l'anno in Italia e
una mortalità stimata del 3-8%." Ogni accesso medico-chirurgico
deve essere sempre preceduto da un'accurata disinfezione della
'porta d'ingresso' per evitare la contaminazione del dispositivo
medico - aggiunge Sartelli -. La clorexidina è una molecola
sicura ed efficace, cardine dell'antisepsi da decenni. In questa
fase di ridotta disponibilità di specialità medicinali a base di
clorexidina al 2% in soluzione alcolica, considerata il gold
standard, le scelte cliniche devono basarsi sulle evidenze
scientifiche che dimostrano come anche le soluzioni alcoliche di
clorexidina con concentrazioni inferiori al 2% siano
un'alternativa efficace e sicura per specifici setting e profili
di rischio dei pazienti".
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