La cardioaspirina rischia di andare
in pensione a causa di uno studio multicentrico che ha uno dei
suoi fulcri a livello mondiale nel policlinico di Padova. A
stabilirlo lo studio coordinato in Italia da Giuseppe Tarantini,
direttore Uosd Emodinamica e Cardiologia Interventistica
dell'Azienda, che ha coinvolto 40 centri in Europa e nel mondo.
L'analisi, denominata Target-First, ha arruolato oltre 2.200
pazienti con infarto miocardico e i risultati sono stati
pubblicati sul New England Journal of Medicine.
L'indagine introduce un approccio innovativo e cioè la
'rivascolarizzazione completa e precoce', una strategia che
prevede di trattare tutte le arterie coronarie malate entro
sette giorni dall'infarto. Non più, quindi, interventi parziali
o programmati nel tempo, ma una cura immediata e risolutiva che
cancella il rischio di lesioni non trattate ed elimina l'uso
della cardioaspirina.
Sono oltre 100mila le persone colpite da infarto ogni anno in
Italia e la sopravvivenza a 30 giorni dall'evento è di circa il
93% dei casi. Con la nuova terapia messa a punto con lo studio
già diventato protocollo a Padova, tale sopravvivenza dovrebbe
essere migliorata portando la mortalità, che attualmente nei
casi gravi è del 4% a 30 giorni dal ricovero, a una diminuzione
che va da 5 a 10 volte tanto.
L'infarto miocardico acuto è una patologia per cui esiste una
cura efficace, che dipende dal tempo. "Occorre avere una
continua innovazione e la cura dei nostri pazienti fa un passo
in avanti grazie a questo studio multicentrico", spiega Michele
Tessarin, direttore sanitario dell'Azienda ospedaliera di
Padova. Il paziente, durante lo studio condotto da Tarantini,
ora viene curato dalla testa ai piedi dopo il trattamento
dell'angioplastica durante la fase acuta, e personalizzando lo
screening di tutti i vasi cardiaci.
"Abbiamo scoperto che i sanguinamenti crollano del 50%
personalizzando la cura, riducendo dal 4% allo 0,4% a un anno
dopo l'infarto in casi non gravi - spiega Tarantini - la
discontinuazione di aspirina a un mese dopo l'infarto e
personalizzando le terapie farmacologiche, togliendo farmaci che
non sono utili, porta a questi risultati". "L'università di
Padova ancora una volta in modo quantificabile raggiunge il
vertice a livello mondiale - sottolinea Paolo Dei Tos, direttore
del servizio di diagnostica integrata - La ricerca padovana si
conferma eccellente a livello internazionale come in questo
caso, difettiamo a volte di capacità di comunicare. E per questo
abbiamo il piacere di sottolineare quello che è davvero un
progresso della qualità delle cure".
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