In un contesto in cui la medicina
moderna è sempre più orientata verso soluzioni diagnostiche e
terapeutiche personalizzate e a minore impatto per il paziente,
la CO2 (anidride carbonica) usata come mezzo di contrasto
nell'angiografia rappresenta una risorsa innovativa, sicura e
ben documentata sotto il profilo dell'efficacia clinica e
un'alternativa all'utilizzo del contrasto iodato che, seppur
ampiamente diffuso, può comportare significativi rischi per
categorie di pazienti vulnerabili, quali coloro che presentano
insufficienza renale o una predisposizione a reazioni avverse.
Questo il tema al centro del convegno "CO2 in angiografia:
innovazione e sicurezza a tutela della salute dei pazienti",
tenutosi oggi al Senato. "Con questo convegno abbiamo voluto
portare all'attenzione delle istituzioni e del mondo sanitario
un'innovazione che può davvero fare la differenza per tanti
pazienti fragili - ha affermato la senatrice Elena Murelli,
membro della 10ª Commissione permanente (Affari sociali, sanità,
lavoro pubblico e privato, previdenza sociale) e promotrice del
convegno -. L'impiego della CO2 in angiografia non solo
garantisce maggiore sicurezza, ma rappresenta anche un passo
importante verso una sanità più sostenibile, moderna e attenta
alla persona". Il convegno è stato occasione di dibattito tra
esperti e istituzioni sull'uso di questa pratica. Durante
l'evento c'è stato anche un collegamento con una sala operatoria
del Policlinico Sant'Orsola di Bologna dove Enrico Gallitto,
professore associato di Chirurgia vascolare dell'Università di
Bologna e dirigente medico della Uoc di Chirurgia Vascolare, ha
trattato con CO2 un paziente affetto da aneurisma dell'aorta
addominale. "Sappiamo che in certi pazienti è possibile ridurre
i rischi dei nostri trattamenti, per questo, come gruppo, ci
siamo convinti a passare all'utilizzo della CO2 - ha spiegato
Mario Gargiulo, professore ordinario di Chirurgia vascolare Alma
mater studiorum Università di Bologna e direttore U.O. Chirurgia
vascolare all'Irccs Policlinico Sant'Orsola -. Nella letteratura
è emerso sempre di più che i trattamenti con iodio fatti sulla
patologia aortica aumentano il rischio nel periodo
post-operatorio di una alterazione della funzionalità renale
acuta. E non si tratta solo di un'alterazione temporanea post
operatoria: alcuni studi rilevano una funzionalità renale
alterata a un anno dal trattamento nel 18% dei pazienti.
Alterazione a cui si associa anche un aumento della mortalità".
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