Cresce l'impatto delle malattie mentali in Europa. Quasi il 20% della popolazione accusa sintomi da lievi a moderati di depressione o ansia, condizioni che, se non opportunamente affrontate, possono progredire in forme più severe. Arriva, invece, al 3% la quota della popolazione che soffre di depressione maggiore e al 5% quella che ha disturbi d'ansia generalizzati. Sono le stime contenute in un rapporto dell'Ocse ("Mental Health Promotion and Prevention. Best Practices in Public Health") pubblicato alla vigilia della Giornata mondiale della salute mentale, che si celebra il 10 ottobre.
Non molto diversa la situazione in Italia. Secondo i dati dei sistemi di sorveglianze Passi e Passi d'Argento dell'Istituto Superiore di Sanità, diffusi oggi, più del 6% degli italiani adulti e il 9% degli over 65 accusa sintomi depressivi. La quota sale nelle persone che vivono in condizioni di disagio economico fino ad arrivare rispettivamente il 18% e il 25% tra chi dichiara di avere molte difficoltà ad arrivare a fine mese.
Complessivamente, "in Italia circa 1 persona su 6 soffre di disturbi mentali. Disturbi che negli ultimi anni sono aumentati e che coinvolgono sia la popolazione adulta che quella più giovane", ha ricordato il ministro della Salute Orazio Schillaci intervenendo al convegno 'One Mental Health' a Roma, da cui ha annunciato lo stanziamento di 80 milioni di euro per la salute mentale. "Abbiamo chiesto di inserire anche il finanziamento per la salute mentale nella prossima legge di bilancio".
I numeri dell'Iss confermano la necessità di risorse e interventi in questo settore, soprattutto dopo la pandemia. Un monitoraggio, condotto dal Centro per le scienze comportamentali e la salute mentale dell'Iss e pubblicato sugli Annali dell'Istituto Superiore di Sanità, mostra infatti che tra il 2021 e il 2023 sono cresciuti del 20% i ricoveri nei reparti di Psichiatria e del 30% gli atti di autolesionismo riscontrati dai Pronto Soccorso. Specularmente, si sono però ridotti i Trattamenti sanitari obbligatori. Quest'ultimo dato "può essere interpretato come un effetto positivo dell'intervento precoce e dell'assistenza tempestiva da parte dei servizi territoriali, che riduce la necessità di ricorrere a misure coercitive", si legge nello studio.
La ricerca mostra infatti che dopo la pandemia l'offerta sanitaria per i disturbi mentali ha tenuto. Sono aumentate le strutture semi-residenziali e, sul fronte del personale, sono cresciuti gli psicologi e gli assistenti sociali, a fronte, però, di un calo dei tecnici di riabilitazione. "I dati mostrano una fotografia complessa", ha commentato il team dell'Iss. "Si registra un aumento della domanda di assistenza ospedaliera" e permane "la criticità rappresentata dalla dotazione complessiva di risorse umane".
Pure su questo aspetto dovrebbe intervenire il nuovo Piano nazionale per la salute mentale. "È un documento strategico", ha detto il ministro, che ha sottolineato come il Piano permetterà di prestare "particolare attenzione al periodo di transizione dell'età evolutiva 16-25 anni. Il 75% di tutti i disturbi mentali infatti si sviluppa prima dei 25 anni d'età e circa la metà emerge entro i primi 16 anni".
Non ultima, l'attenzione allo stigma: può "determinare ritardi nelle diagnosi", "indurre il paziente ad abbandonare il percorso di cura" o "alimentare la convinzione che si debba rinunciare alle relazioni sociali condannandosi all'isolamento", ha ricordato Schillaci, che ha invitato a "diffondere e consolidare, soprattutto tra i giovani, la consapevolezza che prendersi cura dei più fragili è un segno di forza".
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