Una riduzione del 30% del rischio di
progressione della
malattia o di morte nelle pazienti colpite da recidiva di
carcinoma ovarico platino-resistente. Questo, in sintesi, il
risultato dello studio registrativo di Fase 3 Keynote-B96 -
presentato in una sessione del Presidential Symposium del
Congresso 2025 della European Society for Medical Oncology
(Esmo) - che valuta la molecola anti-PD1 pembrolizumab in
combinazione con chemioterapia (paclitaxel) con o senza
bevacizumab.
Dopo 12 mesi, il tasso di sopravvivenza libera da progressione
per le pazienti trattate con il regime a base di pembrolizumab è
stato del 33,1% rispetto al 21,3% per le pazienti trattate con
il regime a base di placebo.
Nelle pazienti il cui tumore esprime PD-L1, pembrolizumab più
chemioterapia con o senza bevacizumab ha ridotto il rischio di
progressione di malattia o di morte del 28% rispetto a placebo
più chemioterapia con o senza bevacizumab. Il tasso di
sopravvivenza libera da progressione a 12 mesi è stato del 35,2%
per il regime a base di pembrolizumab rispetto al 22,6% per il
regime a base di placebo. Alla seconda analisi ad interim, al
follow-up mediano di 26,6 mesi, il regime a base di
pembrolizumab ha dimostrato anche un miglioramento
statisticamente significativo e clinicamente rilevante della
sopravvivenza globale nelle pazienti il cui tumore esprime
PD-L1, riducendo il rischio di morte del 24% rispetto a placebo
più chemioterapia con o senza bevacizumab. Il tasso di
sopravvivenza globale a 12 mesi per le pazienti trattate con il
regime a base di pembrolizumab è stato del 69,1% rispetto al
59,3% per le pazienti trattate con il regime a base di placebo.
I tassi di sopravvivenza globale a 18 mesi sono risultati del
51,5% e 38,9%, rispettivamente.
"Per le pazienti con carcinoma ovarico ricorrente resistente
al platino abbiamo attualmente a disposizione pochissimi
trattamenti in grado di ridurre il rischio di progressione di
malattia o di morte - spiega Nicoletta Colombo, direttrice del
Gynecologic Oncology Program dell'Istituto Europeo di Oncologia
di Milano -. I risultati di questo studio possono rappresentare
un significativo passo avanti nel trattamento di questo tumore e
dimostrano che l'aggiunta di pembrolizumab alla chemioterapia,
con o senza bevacizumab, potrebbe diventare un'ulteriore opzione
efficace per queste pazienti".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA
