L'ipertensione colpisce circa 1,4
miliardi di persone nel mondo, inclusi circa il 30% degli
italiani. Baxdrostat, inibitore selettivo dell'enzima
aldosterone sintasi, ha tuttavia dimostrato di ridurre in modo
significativo e clinicamente rilevante la pressione arteriosa
sistolica (Sbp) nei pazienti con ipertensione resistente al
trattamento (rHTN). I dati dello studio di Fase III, presentati
al Congresso dell'American Heart Association 2025, mostrano che
dopo 12 settimane di trattamento con la molecola baxdrostat 2
mg, la riduzione media della pressione sistolica nelle 24 ore,
normalizzata per placebo, è stata di 14,0 mmHg, con efficacia
mantenuta sia nelle ore diurne che notturne, confermando un
profilo di sicurezza coerente con precedenti studi.
"L'ipertensione resistente al trattamento ha un forte impatto
sulla vita quotidiana dei pazienti e aumenta il rischio
cardiovascolare e renale - spiega Gianfranco Parati, Università
degli Studi Milano-Bicocca e Presidente della World Hypertension
League -. Questi risultati mostrano come baxdrostat possa
colmare un bisogno terapeutico importante, offrendo un controllo
pressorio sostenuto e riducendo il rischio di eventi
cardiovascolari e renali". Secondo Bryan Williams, Chair of
Medicine presso University College London e Principal
Investigator dello Studio, è "un risultato di grande impatto ce
che potrebbe potenzialmente trasformare la pratica clinica -
dichiara-. Poco più del 70% dei pazienti trattati con baxdrostat
ha raggiunto i target pressori raccomandati dalle linee guida in
modo duraturo lungo l'intero arco delle 24 ore". I dati dello
studio saranno ora condivisi con le autorità regolatorie a
livello globale.
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