La molecola acalabrutinib in prima
linea, cioè somministrata a pazienti di nuova diagnosi, può
cambiare lo standard di cura dei tumori del sistema linfatico.
Con questa terapia mirata - un inibitore di Btk di seconda
generazione - sono stati infatti raggiunti importanti risultati,
in particolare nella leucemia linfatica cronica e nel linfoma
mantellare, come evidenziato in tre studi presentati al
Congresso della Società americana di ematologia. Lo studio
'Amplify' ha dimostrato che 9 pazienti su 10 con leucemia
linfatica cronica trattati in prima linea con acalabrutinib in
combinazione con venetoclax, un nuovo regime completamente orale
a durata fissa, sono liberi dal trattamento a 3 anni. Mentre
nello studio 'Echo', acalabrutinib in combinazione con
chemio-immunoterapia (bendamustina e rituximab), nel trattamento
di prima linea dei pazienti con linfoma mantellare, ha
dimostrato una riduzione del 24% del rischio di iniziare una
terapia di terza linea o di decesso ed è stata ridotta del 40%
la probabilità di progressione precoce della malattia. E,
infine, nello studio 'Traverse', si aprono prospettive
importanti per la cura del linfoma mantellare senza
chemioterapia. Grazie alla tripletta costituita da acalabrutinib
più venetoclax e rituximab, il tasso di risposta globale ha
raggiunto il 95%.
La leucemia linfatica cronica è la forma più comune di leucemia
negli adulti. In Italia, sono stimati circa 2.750 nuovi casi
ogni anno. "Si tratta di una neoplasia ematologica
caratterizzata dall'accumulo anomalo di un particolare tipo di
globuli bianchi, i linfociti B, nel sangue periferico, nel
midollo osseo e negli organi linfatici, linfonodi e milza -
spiega Antonio Cuneo, direttore dell'Unità operativa di
Ematologia dell'azienda ospedaliero universitaria di Ferrara -.
La chemio-immunoterapia, un tempo, rappresentava lo standard di
cura in prima linea, ma oggi è superata dalle terapie mirate,
costituite dagli inibitori di Btk e di Bcl-2. Oggi, pertanto, la
leucemia linfatica cronica è sempre più curabile". Allo stesso
tempo, nei pazienti affetti da linfoma mantellare, un tipo di
linfoma non Hodgkin B linfocitario, che colpisce soprattutto
anziani, "la combinazione di acalabrutinib con la
chemio-immunoterapia a base di bendamustina e rituximab ha
determinato vantaggi in termini di tempo alla progressione,
tassi di risposta e tendenza alla sopravvivenza globale", spiega
Enrico Derenzini, direttore della divisione di oncoematologia
all'Istituto europeo di oncologia di Milano.
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