Cardiologia interventistica, un piano per ridurre le diseguaglianze

Nasce "Gise Together', accesso più equo a interventi innovativi


Ridurre le disuguaglianze nell'accesso alla cardiologia interventistica in Italia, garantendo a tutti i pazienti le stesse opportunità di cura; il tutto senza pesare economicamente sul servizio sanitario nazionale. È l'obiettivo di "Gise Together', iniziativa promossa dalla Società Italiana di Cardiologia Interventistica (Gise), che punta soprattutto ad ampliare l'accesso alla procedura mini-invasiva per la cura della stenosi valvolare aortica di tipo degenerativo (Tavi). Se ne è parlato questa mattina presso il Consiglio regionale del Lazio, nel corso del convegno 'Lazio Full Valve' organizzato da Gise - Sezione Lazio.
    La stenosi valvolare aortica di tipo degenerativo è la malattia delle valvole cardiache più diffusa nel mondo occidentale: colpisce dal 2 al 7% delle persone con più di 65 anni. Fino a poco più di un ventennio fa l'unico approccio possibile per la correzione del difetto valvolare era la cardiochirurgia. Questa opzione, tuttavia, non è indicata per molti pazienti, specie per i più fragili. Negli ultimi due decenni una tecnica mini-invasiva per via percutanea, definita Tavi (Transcatheter Aortic Valve Implantation), ha offerto la possibilità di cura a un numero sempre più ampio di pazienti.
    Tuttavia - è stato sottolineato nell'incontro di oggi - la mancanza di una conoscenza adeguata delle indicazioni e delle opportunità terapeutiche offerte da queste procedure, l'assenza di percorsi intra ed extra ospedalieri ben definiti, l'inadeguatezza di alcuni Drg regionali nel rimborsare in modo congruo queste procedure riduce l'accesso da parte dei pazienti e crea diseguaglianze territoriali significative.
    "Gise Together interviene su tre fronti oggi decisivi", spiega il presidente Gise, Alfredo Marchese. "Quello culturale, perché le evidenze scientifiche e le linee guida non vengono applicate in modo uniforme sul territorio. Quello economico, con tecnologie e procedure - come la Tavi - ancora accessibili in modo disomogeneo da Regione a Regione. E quello organizzativo, che richiede modelli più armonizzati, reti più solide e figure dedicate come il Tavi coordinator per assicurare reali condizioni di equità", conclude Marchese.
   

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